E questa è la storia di Bill il ritardato. E anche la mia, e quella di Arlie, ma soprattutto è la storia di Bill, perché la sua vera parte in tutto questo, la natura dei suoi pensieri e delle sue speranze, la pena sofferta e la paura superata, queste cose non possono essere raccontate.
Forse l'avete visto di recente in olovisione, o persino di persona, su di un'automobile scoperta alla fine di una parata con uomini in uniforme mentre mangia un gelato e sorride, ma in verità è già passato alla storia, è già parte del passato, già semidimenticato, e quando la porta finale si sarà chiusa per Bill, è possibile che il suo ruolo in tutto questo venga ridotto a una semplice nota o alla banale menzione del suo nome, il segno più esile di una vita. Invece io lo ricorderò, non nella grazia delle celebrazioni, non come un eroe, ma così com'era, con i suoi modi sgraziati e il suo aspetto pietoso. Ed è importante che lo ricordi così, perché ho compreso che è ciò che è crudo e deforme, ciò che è sgradevole, il miracolo miserabile dei nostri giorni, la pura bassezza dell'esistenza, quello che dobbiamo imparare ad amare, ad accettare, ad abbracciare, se vogliamo far cessare le ripulse che ci indeboliscono, vogliamo ammettere la nostra tetra fragilità e confrontare il terrore naturale e le tempeste che spezzano il cuore delle nostre vite e vivere come una luce forte attraverso il cielo invece di ritirarci nelle tenebre.
tratto da ``Solitarie Station'' di Lucius Shepard (Premio Nebula 1992, Premio Locus 1993, Premio Science Fiction Chronicles 1993, Premio Hugo 1993)